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Visita guidata, White collar e Criminal Minds

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rabb-it
view post Posted on 11/2/2011, 15:23 by: rabb-it




Il volo era stato massacrante.
Anzi i voli, prima con un piccolo piper che le dava l’impressione di essere tenuto insieme con lo sputo, poi da Buenos Aires a San Paolo dove aveva verificato parte delle informazioni che aveva raccolto, e poi l’ultimo quello per New York.
Argentina e Brasile girati più velocemente che in una centrifuga.
C’erano dei posti in cui avrebbe caldamente sperato di non rimettere mai più piede, ma aveva visto dei panorami che le avevano fatto rimpiangere di non essere veramente in ferie. Sarebbe stato splendido tornarci senza l’assillo del suo lavoro extra per l’efbiai.
Un giorno forse.
Mentre prendeva la valigia al nastro notò un uomo che si avvicinava, lo riconobbe immediatamente.
Caspita, Peter non mi dà nemmeno il tempo di una doccia.
Si disse scuotendo il capo e salutando Jones.
“Avevo già deciso che la doccia l’avrei fatta dopo, ma la lettura del pensiero da parte di Peter mi inquieta.”
Vide l’uomo rimanere serio e comprese che doveva esserci qualcosa che non andava.
“Hai mandato un messaggio.”
“Sì, ne parliamo in ufficio? Credo debbano sentire anche Peter e gli altri.”
“Peter è stato rapito. All’inizio della settimana. È scomparso.”
All’inizio della settimana? Ma è stato quando sono arrivata in quel piccolo villaggio pieno di famiglie di origine tedesca.
Il pensiero che l’avessero notata e collegata a Peter, non l’aveva nemmeno sfiorata, fino a quel momento pensava di essere passata come una normale turista americana un po' distratta.
Ascoltò l’uomo riferirle i dettagli del rapimento spiegatogli da Neal, riusciva a visualizzare la scena tanto il resoconto era dettagliato, logico che il suo messaggio mandato prima di partire li avesse mandati fibrillazione.
“Aveva detto che poteva essere pericoloso, ma quello che è finito nei guai è lui. Neal come la ha presa?”
“Non lo so, onestamente per me è spesso indecifrabile, Peter e Diana sono molto più bravi a capire cosa sta rimuginando.”
“Non sminuirti. Se non tormenta il cappello è un brutto segno.”
“Ora che mi ci fai pensare, è andato a Washington senza!”
“Neal Caffrey senza cappello? Bruttissimo segno, allora. Andiamo agli uffici?”
“Certo, sicura di non voler fare una doccia?”
“Mi rinfrescherò quando vi avrò dato i dettagli su cui lavorare. La cosa certa è che non può essere una coincidenza il rapimento di Peter proprio adesso. Devo aver stuzzicato le persone sbagliate, anzi… quelle giuste.”

Nel frattempo in uno stanzino mal illuminato un uomo cercava di capire come liberarsi.
Non riusciva a capire dove lo avessero portato.
Era in strada ad aspettare Neal, stava guardando l’ora pronto a chiamarlo di nuovo per domandargli dove si era andato a cacciare quando si era sentito afferrare e spingere sul sedile posteriore della sua auto.
Era stato colto di sorpresa e il cappuccio che gli avevano infilato in testa era impregnato di un qualche narcotico.
Ricordava di aver opposto resistenza per alcuni secondi e poi aveva perso conoscenza.
Nelle orecchie il rumore della sgommata.
Si era svegliato steso su un letto con una caviglia incatenata.
Una catena fissata al muro lunga abbastanza per andare fino allo stanzino accanto, un bagno, ma non per arrivare alla finestra dal lato opposto.
Una cavigliera!
Mozzie e Neal avrebbero colto il lato ironico della cosa.
Lui stesso per i primi secondi ne aveva riso. Un riso nervoso.
Gli portarono del cibo, non gli mostravano mai il volto, non dicevano una parola.
Per non farsi riconoscere, quindi non hanno intenzione di uccidermi.
Però voleva anche dire che poteva essere gente che lui conosceva.
Dei contatti altolocati della persona a cui stavano dando la caccia già sapevano, ma che fosse gente con cui aveva a che fare abitualmente… ecco quella era una cosa che lo disturbava oltre ogni dire.
Il primo giorno non aveva mangiato, il guardiano ne aveva riso.
Il secondo giorno aveva ceduto, sperando che non ci fosse qualche droga nel cibo o nelle bevande.
Se c’era non se ne era accorto.
Rimuginava a come fare per liberarsi della catena, quando si sentirono delle detonazioni.
Mi hanno trovato? Sapevo che non ci avrebbero messo molto!
Vide del fumo penetrare da sotto la porta.
“HEY! SONO QUI DENTRO! NON CI TENGO A FINIRE ARROSTO! TIRATEMI FUORI! ” Silenzio.
Il fumo stava riempiendo la piccola stanza rendendo l’aria irrespirabile.
No, non erano arrivati a liberarlo, non sembrava proprio una liberazione quella.
Forse chi mi ha rapito non vuole uccidermi.
Ma questi arrivati ora sono di un’altra opinione.

Furono gli ultimi pensieri che gli attreversarono la mente, prima di perdere conoscenza.

Diana lesse il messaggio di Jones, lo riferì agli altri.
Rossi le disse che lui ed Hotch dovevano parlarle.
Poi si rivolse a Neal. Gli fece cenno di seguirlo e lo accompagnò fin davanti la porta del suo ufficio.
“Venga, non si offenda, ma ci sono cose che preferisco non senta. Mi faccia una cortesia, mi assicuri che ho sperperato i miei guadagni da scrittore per l’originale e non per una copia. Poi le spiegheremo tutto.”
Neal entrò nell’ufficio domandandosi a cosa si stesse riferendo, poi lo vide.
Era stato battuto ad un’asta pochi mesi prima del suo arresto, e ci aveva fatto un pensierino a rubarlo. Ma non c’era stato verso di scoprire il compratore.
Un agente Efbai con un dipinto del Caravaggio in ufficio?
Poi rammentò la frase: guadagni da scrittore.
Osservò per alcuni minuti la tela.
Se era un falso voleva fare i complimenti all'autore, perché per lui era un originale.
Ma per i dipinti di quel genere ci sono tutta una serie di accorgimenti ed esami speciali per verificarlo.
E lui lo sapeva bene.
E anche l’agente Rossi doveva saperlo.
Volevano tenerlo all’oscuro.
La cosa lo seccava.
Uscì dall’ufficio e si trovò davanti Emily Prentiss.
“Devi controllare che non abbia preso niente?”
Chiese sarcastico.
“No, Dave ha solo detto di accompagnarti a prendere un caffè quando ti fossi stufato di ammirare il suo quadro. Sa bene che quel quadro è più al sicuro lì che in un museo.”
La donna pareva non aver minimamente dato peso al tono del giovane.
Come se non si aspettasse niente di meno.
“Suppongo abbiate già un profilo ben dettagliato del sottoscritto…”
“Neal.”
La donna fece una pausa come a dargli il tempo di calmarsi.
“Sappiamo chi sei e cosa fai, o almeno cosa facevi prima di raggiungere il tuo accordo con Burke. Ma ci sono cose che agli informatori non si dicono, o non si dovrebbero dire. Accordi che non si dovrebbero fare. Diana deve spiegare i dettagli. Quelli che io conosco già.”
L’uomo si girò a guardarla, con una strana luce nello sguardo.
“Non credo di capire.”
“Quando Dì mi ha domandato aiuto, per timore che qualcuno a New York fosse al soldo dell’uomo che cerchiamo, mi ha spiegato come mai si rivolgeva a noi e a noi solamente. Non è esattamente la procedura abituale, questa.”
“Vi conoscete da molto?”
“Oh solo… da tutta la vita.”
“Come?”
“Mia madre è stata per anni ambasciatrice, e io e Diane abbiamo frequentato le stesse scuole, e gli stessi ambienti.”
“Ma… alle figlie dei diplomatici viene sempre voglia di… entrare nell’Efbiai?”
“Può essere, non ho mai controllato quante altre ce ne siano, ma conosco qualcuno che può farlo.”
Gli fece strada verso una parte degli uffici poco distante.
E raggiunsero uno stanzino pieno di schermi come quello della sala riunioni.
“Questo è il regno di Penelope Garcia.”
“Oh, avete già preso il caffè?”
“No, stavo spiegando a Neal delle cose, ti spiace controllarci un dettaglio?”
“Dimmi.”
“Nell’Efbiai quanti sono i figli di diplomatici o ambasciatori in servizio attivo?”
“Uh… tolte te e Dì?”
“Esattamente, è una cosa che puoi verificare?”
“Dammi un minuto. Uh… caspita… non pensavo che foste così tanti. Quasi 40, vuoi il numero esatto?”
“No, ci basta, vero Neal?”
L’uomo era rimasto stupito dalla velocità con cui avevano avuto informazioni, anche abbastanza private, su tutti quelli che lavoravano per l’FBI. Certo che ottenere le informazioni sul suo conto, doveva essere stato praticamente una passeggiata.
Poi notò gli strani pupazzetti colorati che la donna aveva a lato della tastiera.
Ed anche appesi agli schermi.
“E quelli? Scacciapensieri?”
Fu il turno di Emily e di Penelope di restare basite stavolta.
Aveva colto subito il significato che avevano per Penelope gli strani oggetti di cui si circondava nel suo ufficio.
“Sì, ma come…”
Chiese l’informatica lasciando la domanda sospesa.
“Oh niente, lavorando per la sezione white collar mi capita di rado di avere a che fare con immagini di morti ammazzati, ma quelle poche volte… tendo a distogliere lo sguardo cercando di fissarmi su altro. Il bordo della foto, il tavolo dell’ufficio. Penso che dovendo averci a che fare più spesso un filtro sia indispensabile.”
Emily rimase ammirata per come l’uomo avesse messo a suo agio Penelope senza prenderla in giro per la sua eccentricità.
Le aveva spiegato bene Dì.
È affascinante e sa di esserlo.
“Ti portiamo qualcosa?” Chiese Emily all’amica.
“No grazie, sto aspettando che mi arrivino delle risposte poi devo…” si interruppe imbarazzata.
“… raggiungere gli altri in ufficio mentre io vengo tenuto alla larga.”
Terminò al suo posto l’uomo, con un sorriso, decisamente l’umore era migliorato.

Continua...
 
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