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Visita guidata, White collar e Criminal Minds

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rabb-it
view post Posted on 7/2/2011, 12:12 by: rabb-it





Mentre Neal e Diana erano a Quantico, altri a New York stavano ponendosi una serie di domande su uno strano messaggio arrivato al cellulare di Peter.
I rapitori dell’uomo lo avevano gettato immediatamente, per non farlo rintracciare, ed era nelle mani di Jones, un altro agente che faceva parte della squadra di Peter.
Il cellulare era in consegna all’efbiai in caso fosse arrivato qualche messaggio utile, ma sembrava un codice.
“Ho trovato qualcosa.”
Il numero era quello di Sara Ellis, Jones aveva tentato di chiamarla, ma riceveva sempre il segnale ripetitivo di non raggiungibile.
Gli venne in mente di domandare alla moglie di Burke, nel caso sapesse qualcosa.
E andò all’appartamento di Neal.
Sperando di trovare Mozzie, che su incarico dell’amico aveva messo la donna in un posto sicuro, altro che protezione testimoni, i nascondigli di Mozzie erano... introvabili nel vero senso della parola.
Neal non aveva un abitazione propria, era ospite di June.
Lo aveva preso in casa dopo aver conosciuto il giovane in un negozio dove era andata a vendere gli abiti del defunto marito, truffatore come Neal, le era stato simpatico e gli aveva voluto dare una mano.
Era sempre rimasto stupito, ed anche un po’ infastidito, di come la gente si facesse conquistare dai bei modi di Neal.
Ma così era. Inutile rimuginarci, o il rischio era di finire con il chiedersi a che pro essere onesti se a non esserlo rende così bene. Oh sì era stato in carcere Neal e tuttora era in libertà vigilata, ma spesso si domandava cosa sarebbe successo passati gli anni che doveva ancora scontare.
Avrebbe semplicemente ricominciato a delinquere come prima, sapendo anche delle cose che magari prima ignorava visto che li aiutava nelle indagini, o avrebbe realmente cambiato vita?
Peter si fidava, anche se non sempre. Ma nemmeno lui poteva sapere che direzione avrebbe preso una volta tolta la cavigliera e libero.
Nessuno lo sapeva. Tranne forse Mozzie.
Mozzie, il piccoletto come lo chiamava Peter, l’uomo senza nome, irrintracciabile, tranne da Neal stesso.
Jones non sapeva quando e come i due si fossero conosciuti, Neal ne conosceva il vero nome, ma non lo aveva mai detto a nessuno, quando Mozzie era stato ricoverato in ospedale per non farlo scoprire aveva dato come nome l’anagramma delle parole Uomo Invisibile.
Gli anagrammi e i codici.
Una costante con quei due.
June salutò Jones, e gli fece cenno di accomodarsi in salotto.
Mozzie era lì, seduto su una delle sedie come se lo aspettasse.
“Speravo di trovarti!”
“Neal mi ha detto di rimanere da Elizabeth, ma anche di passare ogni tanto da June.”
“Devo sapere dove sta Elizabeth.”
“Non se ne parla, meno gente lo sa meno rischi corre. Per quello i miei rifugi non li trova nessuno se io non voglio.”
“Mozzie, è importante. Sul telefono di Peter è arrivato un messaggio e magari lei sa cosa significa.”
“Dimmi il messaggio, glielo riferirò.”
“Non abbiamo tempo da perdere! Devo farti chiamare da Neal?”
June si intromise tra i due capendo che Jones stava per perdere la pazienza.
“Mozzie, credo abbia ragione, devi portarlo subito dalla moglie di Peter, sicuramente lo terrà per se.”
Mozzie spostò lo sguardo rapidamente fra i due, si sentiva in trappola.
Neal avrebbe saputo come uscirne elegantemente senza farsi mettere all’angolo in quel modo.
Ma lui non era Neal.
Il basso profilo che Mozzie aveva tenuto per tutta la vita gli aveva permesso di non finire mai così vicino alla legge, fino a che l’amico non era uscito di galera con quel patto.
Da allora aveva avuto a che fare anche troppe volte con i federali, e la cosa gli piaceva poco.
Ma sapeva che Neal gli avrebbe detto di non intralciare le indagini.
O almeno lo sperava, visto che stava per fidarsi di Jones.
E consegnare uno dei suoi rifugi nelle sue mani.
“Va bene, ti ci porto. Ma non una parola!”
“D’accordo. Grazie.”
Jones aveva rivolto il ringraziamento anche a June, si rendeva conto che senza la sua diplomazia nel prendere per il verso giusto Mozzie forse le cose non sarebbero andate lisce.
In auto seguiva le indicazioni dell’uomo verso una zona a lui poco nota di New York.
“Spero non mi farai perdere tempo in giri a vuoto perché io non sappia tornarci.”
“Stiamo andando per la strada più veloce.Hai detto che hai fretta, Peter è in pericolo ed Elizabeth non mi perdonerebbe mai se facessi capitare qualcosa di brutto al marito per degli stupidi giochetti!”
Jones lo sbirciò stupito, Mozzie era un logorroico all’ennesima potenza, amava i giochi di parole e raramente era tanto diretto. Doveva essere proprio preoccupato.
Arrivarono in un palazzo, presero un montacarichi, e giunsero in quello che aveva l’aria di un loft ristrutturato, sembrava un piccolo tempietto buddista.
“Non sapevo fossi buddista.”
“Non lo sono, non mi riconosco in nessuna etichettatura.”
Elizabeth li aveva sentiti salire e si era nascosta, ma quando riconobbe le voci uscì dal nascondiglio.
“Avete trovato Peter? Come sta?”
L’ansia sul volto della donna fece sentire Jones in colpa, doveva immaginarlo che vedendolo arrivare con Mozzie avrebbe pensato che era tutto finito, forse avrebbe dovuto far salire prima Mozzie da solo per prepararla, ma ora era troppo tardi.
“No, mi dispiace. È arrivato un messaggio di cui non capiamo il senso. Speravamo potessi aiutarci.”
La delusione prese il posto dell’ansia.
Lo donna fece un sospiro e con un’aria anche troppo calma, domandò di che messaggio si trattava.
Lui riferì le parole di Sara.
Sperando che il suo capo non intrattenesse una relazione extra-coniugale.
In quel caso, quando lo avessero trovato, poteva succedere il finimondo.
“Sì, so a cosa si riferisce. Sara è andata in Argentina per conto di Peter a vedere se riusciva a scoprire qualcosa su quelle stoviglie che avete sequestrato tempo fa.”
“Perché non ce lo ha detto?”
“Era una cosa che Sara faceva come favore, e poteva essere pericoloso, meno gente lo sapeva meglio era. Ma avete ricevuto solo il messaggio non le avete parlato?”
“No, il telefono risulta spento. Irraggiungibile.”
La donna si portò le mani al volto, sconvolta.
“Avranno rapito anche lei?”
“Non è detto, magari sta rientrando ed in aereo non si possono tenere i cellulari accesi, se era in Argentina può essere che non sappia nemmeno che Peter è stato rapito. Ascolta io devo tornare in ufficio, Diane e Neal sono andati a Quantico per un aiuto a stilare un profilo...”
La donna lo interruppe.
“Fino a Washington? Ma i profili li sapete fare anche voi, avete l’addestramento...”
“Diane pensa che serva un aiuto più specifico e io sono d’accordo, ma torneranno presto e... avremo una traccia, spero. Lo troveremo.”
La donna stiracchiò lievemente le labbra nel tentativo di un sorriso.
“Lo so.”
“Tu resti?”
Chiese l’uomo rivolgendosi a Mozzie.
“Penso che saprai tornare in ufficio anche senza di me, ma vedrò di sentire se qualcuno ha notizie.”
I contatti di Mozzie.
Jones guardò Elizabeth come a domandarsi come facessero lei e il marito a fidarsi del piccoletto, ma era pur vero che era amico di Neal.
E se ti fidi di uno... finisci con il fidarti anche dell’altro.
Andò via con la sensazione di aver solo aumentato l’ansia di Elizabeth per il marito.
E senza informazioni per capirci qualcosa su dove potevano averlo portato, difficile pensare che avessero passato il confine.
Elizabeth chiese a Mozzie se poteva aiutarlo in qualche modo.
“Non ne posso più di pensare, mi vengono in mente le cose peggiori.”
L’uomo si tolse gli occhiali e si mise d’impegno a pulirli con una pezzuola, come a prendere tempo per una risposta. La donna lo fissò con un aria di materna preoccupazione, capendo che non sapeva che pesci pigliare.
“Neal ti ha detto di non farmi uscire per nessuna ragione?”
“È preoccupato, chiunque abbia rapito Peter può prendersela anche con te, qui sei al sicuro.”
“Tuesday(Martedì) è un bel posticino, ma ora lo hai mostrato a un federale, come te la caverai?”
“Ci sono altri sei giorni nella settimana, mia bella signora.”
Gli sorrise, era riuscita a levarlo dagli impicci dandogli altri argomenti di conversazione.
In fondo sapeva che non le avrebbe permesso di andare a zonzo per New York.
La cosa un poco le seccava, ma era anche poco utile da parte sua raddoppiare le loro preoccupazioni facendosi prendere da un inopportuna crisi sulle pari opportunità.
Avrebbe dato una lezioncina a Neal e a Mozzie, con l’aiuto di Diane e Sarah, quando tutto fosse finito.
Jones aveva mandato a Diana un messaggio in cui le spiegava di Sara, e tramite l’ufficio aveva fatto controllare se ci fossero voli in arrivo dal Sud America.
Il voli erano più di uno, ma quello giusto aveva l’arrivo previsto entro poco.
E il nome di Sara Ellis era nella lista passeggeri.
Sapendo dove cercarla era stato molto più facile rintracciarla, anche con il cellulare spento.
Si era fatto buio da un pezzo, decisamente il suo non era un lavoro dalle 9 alle 5.
Si diresse al JFK, tanto valeva essere là all’arrivo.
E dirle subito quello che era successo, e scoprire cosa aveva trovato di così importante da farle mandare prima di rientrare un messaggio a Peter.
Si diresse all’uscita degli arrivi dal Sud America, controllo l’orario di arrivo. Era questione di una mezz’ora.
Il tempo di rispondere ad alcuni messaggi, avvisare Mozzie che la donna stava rientrando negli Stati Uniti e venne annunciato il volo in arrivo, una fiumana di persone andò verso il nastro dei bagagli, notò immediatamente la chioma rossa che spiccava come un faro in mezzo a decine di capelli castani e neri.
E andò verso di lei, che non si sorprese di vederlo.
Probabilmente pensa che mi abbia mandato Peter a prenderla per portarla subito negli uffici.

Continua...
 
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